Secondo Naval Ravikant (AngelList), la Blockchain «è una proprietà emergente di Internet – quasi un quinto protocollo dell’Internet Suite».

 

Inizia a rafforzarsi la consapevolezza che la Blockchain è un’innovazione rivoluzionaria, non soltanto nel settore delle criptovalute, ma più in generale in quello dei protocolli di trasmissione in rete.

Attualmente la comunicazione su Internet e sulle altre reti di computer è definita da un modello concettuale e da un insieme di protocolli di comunicazione.

I protocolli nel complesso sono indicati come Internet Protocol Suite − o anche Department of Defense Model − e definiscono lo standard de facto per la trasmissione su reti a commutazione di pacchetto e l’interconnessione tra reti indipendenti.

A sua volta il modello concettuale, organizzato su quattro strati, stabilisce i protocolli da adottare in base agli enti fra cui avviene la trasmissione. I quattro strati, a partire da quello di livello inferiore, definiscono rispettivamente i metodi di comunicazione all’interno di uno specifico segmento di rete (network interface layer), quelli utilizzati nella connessione tra reti indipendenti (Internet/networking layer), quelli che gestiscono la comunicazione host-to-host (transport layer) e, infine, quelli che regolano lo scambio di dati tra applicazioni o processi (application layer).

Secondo Naval Ravikant, fondatore e CEO di Angel List, l’apparizione delle blockchain ha determinato la comparsa di un quinto strato di protocolli, che caratterizzerà la prossima evoluzione di Internet. In sintesi, secondo Ravikant la tecnologia blockchain non è semplicemente un metodo sicuro per la registrazione di operazioni, ma un sistema di quantificazione e creazione di valore e allocazione di risorse di rete. «Possiamo allocare ogni risorsa di rete in questo modo – per esempio BoxCoin per l’archiviazione su cloud, CacheCoin per il salvataggio su memorie cache, e così via».

Ma lo stesso schema, per Ravikant, può essere esteso a tutti i network. In un futuro ormai prossimo, alle grandi public utility nel comparto energetico potrebbe sostituirsi una pletora di microproduttori di energia – privati che decidono di istallare impianti fotovoltaici, per esempio. E quindi, si chiede Ravikant, «può una rete completamente distribuita di piccoli generatori scambiare energia utilizzando una criptovaluta affidabile e decentralizzata?». Ovviamente sì.

Ma i casi di allocazione di risorse di rete scarse non finiscono qui. Perché in un contesto di futura diffusione dei veicoli a guida autonoma, in caso di congestione, è possibile immaginare la negoziazione dei diritti di precedenza tra veicoli. Così come, in un contesto Smart City, la negoziazione di diritti di attraversamento al semaforo da parte di una massa di pedoni, operazione resa ormai possibile dalle funzionalità di geolocalizzazione presenti sugli smartphone. E potremmo continuare, perché i casi di distribuzione di risorse tramite reti sono infiniti.

Le criptovalute, in sostanza, sono soltanto il mezzo tramite cui agenti elettronici scambiano valori, garantiscono l’esecuzione di contratti, negoziano diritti e tracciano identità e reputazioni. Per Ravikant, all’improvviso, il sistema Bitcoin non è più considerato uno sterile esercizio di allocazione di risorse computazionali tra miner, ma lo strumento per raggiungere allocazioni efficienti.

Ecco dunque il Bitcoin assurgere allo status di paradigma, applicabile a tutti i casi di negoziazione in un contesto di risorse scarse, siano esse titoli finanziari, energia, risorse naturali, diritti, spazio fisico, tempo. E in quanto paradigma, secondo Ravikant, la Blockchain «è una proprietà emergente di Internet – quasi un quinto protocollo dell’Internet Suite. Se Satoshi Nakamoto non esiste, dovrebbe essere necessariamente inventato».

Fonte: Medium