Abstract

Dicembre è tempo di bilanci. Non solo quelli legati alla legge di stabilità e alle sue ripercussioni sul comparto (entro gennaio sapremo come saranno ripartiti i tagli di budget alla difesa previsti dall’esecutivo), ma in generale è il momento di tirare le somme dell’anno che si conclude. Se volessimo definire il 2018 potremmo dire che si è trattato di un anno di cambiamento spinto, di instabilità e incertezza legate ai mutamenti politici nazionali, ma anche un anno segnato da cambi di rapporti di forza internazionali. Il progetto di difesa europea nel corso del 2018, per via dei rigurgiti nazionalisti e delle liti tra Paesi, ha sicuramente vissuto una stagione non facile (non da ultima la proposta francese di spingere per un esercito comune, guardata con sospetto dagli Usa di Trump e anche dall’Italia). Il nostro Paese è riuscito a riportare l’attenzione degli alleati sulla sponda sud del Mediterraneo, grazie alla rinnovata centralità dell’Hub Nato di Napoli e ha posto l’accento sulla situazione libica organizzando il summit di Palermo con al-Sarraj e Haftar (incontro che sarà presto seguito da un nuovo faccia a faccia tra gli esponenti nordafricani e il premier Conte).
Altro scenario che è tornato a preoccupare l’Europa è quello ucraino.

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