Non vi saranno lavoratori a sufficienza con adeguate qualificazioni per un sistema produttivo sempre più incentrato sulla tecnologia.

All’inizio fu il Just-in-Time, la rivoluzionaria innovazione introdotta da Kiichirō Toyoda, che prese spunto, dice la leggenda, dall’organizzazione dei flussi logistici di un supermercato.

La Toyota, alla fine della Seconda guerra mondiale, era una piccola impresa, con macchinari obsoleti e una quota di mercato trascurabile, due elementi che ovviamente rendevano impraticabile la produzione in catena di montaggio. Taiichi Ōno, direttore della produzione, introdusse due principi che si rivelarono geniali: un sistema di produzione «pull», che produce in base alle indicazioni del mercato e non per il magazzino, come nel tradizionale sistema «push», e la riprogrammazione continua della produzione stessa. Innovazioni che non sarebbero state possibili senza l’attribuzione di una nuova centralità all’operaio specializzato e ai fornitori esterni, a cui la Toyota, contrariamente alle grandi imprese automobilistiche dell’epoca, iniziò a fare largamente ricorso.

Oggi il sistema Toyota, universalmente noto come «lean manifacturing», si è largamente diffuso in tutto il comparto automotive, anche in considerazione del particolare momento storico attraversato dai produttori, che devono adattarsi ad una domanda sempre più individuale e di conseguenza devono adottare sistemi di produzione sempre più flessibili, finalizzati a ridurre il tempo intercorrente tra il concept e l’effettiva messa in vendita, comprimendo al contempo i costi tecnici di sviluppo.

Ecco quindi la centralità rivestita dai nuovi sistemi di progettazione e di prototipazione. Infatti, i nuovi software per la progettazione automatizzata gestiscono le tecnologie di stampa 3D, le lavorazioni CNC e lo stampaggio a iniezione, riducendo la pressione sui tecnici, che nel modello Toyota guidano l’intero processo di produzione (principio noto come andon, cioè il diritto-dovere di ogni operaio di controllare tutte le operazioni).

Le nuove tecnologie digitali consentono di soddisfare la domanda emergente dal mercato in pochi giorni. Inoltre, l’impiego di tecnologie IoT consente, grazie all’inserimento di sensori già in fase di design del prototipo, di velocizzare l’esecuzione dei test e l’apporto di eventuali modifiche al progetto in real-time, con un ulteriore abbattimento dei tempi e dei costi di progettazione.

Nel medio periodo, il processo descritto potrebbe essere gravemente ostacolato dalla mancanza di tecnici in possesso delle competenze richieste dalle nuove tecnologie. E contrariamente ai timori che si stanno diffondendo negli ultimi anni, difficilmente la robotica potrà sostituire gli operai specializzati, necessari per la supervisione delle operazioni e dei processi automatizzati.

A quanto ammonta il gap di competenze? Per il Regno Unito Engineering UK stima un fabbisogno complessivo (e quindi non soltanto nel comparto automobilistico) di ben 1,8 milioni di ingegneri e altro personale qualificato da qui al 2025 per tenere il passo con l’innovazione digitale, mentre nello stesso periodo il fabbisogno negli Stati Uniti si attesterà a 3,5 milioni di unità. Con la paradossale conseguenza che in futuro, se il sistema formativo non si adeguerà alle mutate esigenze, non vi saranno lavoratori a sufficienza, in possesso delle qualificazioni idonee, per un sistema produttivo sempre più incentrato sulla tecnologia.

Fonte: Il Progettista Industriale