L’IA non si limita più ad assistere gli scienziati, ma comincia a “scrivere” parti del codice della vita. Alcuni studi recenti mostrano come questa capacità possa essere rivoluzionaria (e al contempo “insidiosa”) nella lotta contro batteri resistenti come Escherichia coli.

In questo articolo esploriamo due filoni: da un lato l’uso dell’IA per generare virus antibatterici; dall’altro la capacità di modelli come Evo / Evo 2 di concepire, prevedere e disegnare sequenze genomiche con funzioni desiderate. Vediamo insieme come queste scoperte possono dialogare con l’approccio innovativo che caratterizza Prisma, e quali sfide restano aperte.

 

1. Quando l’IA “crea” virus per attaccare batteri

Una delle ricerche più recenti riguarda la generazione di virus o, più precisamente, genomi virali sintetici, con l’ausilio dell’intelligenza artificiale, destinati a infettare batteri come E. coli. Lo studio, dell’Università di Stanford, ha attirato l’attenzione per la sua doppia natura: offrire una strategia potenzialmente potente contro batteri resistenti, ma anche sollevare questioni di bio-sicurezza.

In breve:

  • Ricercatori hanno usato modelli di IA per progettare nuovi genomi virali (batteriofagi sintetici) che sono poi stati sintetizzati e testati in laboratorio su coli. Alcuni di questi virus artificiali si sono dimostrati capaci di uccidere ceppi batterici, anche resistenti.
  • Gli esperimenti sono stati condotti con massima cautela: i virus creati non erano in grado di infettare cellule umane, e gli esperimenti sono stati eseguiti in ambienti controllati. Ma l’idea è chiara: l’IA può accelerare e ampliare l’arsenale antimicrobico.
  • Questo approccio potrebbe essere combinato con strategie tradizionali (antibiotici, phage therapy “classica”) per ottenere sinergie e arginare la resistenza.

Per noi di Prisma, questo è un esempio molto forte di come le tecnologie all’avanguardia possano ridefinire i confini del possibile ma anche della responsabilità che viene con queste possibilità.

 

2. Evo / Evo 2: l’IA che “scrive” genomi

Un’altra frontiera affascinante è quella offerta dal modello Evo (e la sua evoluzione Evo 2), sviluppato in ambito collaborativo da Stanford, Arc Institute, NVIDIA e altri enti. L’idea è tanto semplice quanto rivoluzionaria: trattare il DNA come un “linguaggio” da cui un modello generativo può apprendere e “completare” sequenze, predire mutazioni funzionali e proporre genomi nuovi con potenziali funzioni biologiche.

Evo è stato addestrato su enormi dataset genomici (centinaia di migliaia di specie, trilioni di nucleotidi) per “imparare” pattern evolutivi e sequenze biologicamente plausibili, riuscendo ad imitare il comportamento di modelli linguistici (tipo ChatGPT), solo che invece di parole predice basi di DNA. Data una sequenza iniziale, “autocompleta” il genoma suggerendo mutazioni o sviluppi possibili.
Il modello ha ampliato anche la capacità di contesto (fino a 1 milione di nucleotidi) e può progettare sequenze genomiche complete di batteri o parti di organismi più complessi, prevedere quali mutazioni siano dannose o neutre, e creare versioni alternative di geni noti. Nei test, inoltre, ha mostrato ottima accuratezza nel classificare varianti del gene BRCA1 (importante in oncologia) come benigni vs patogenici, con prestazioni oltre il 90%.

Grazie a questo modello, quindi, si può accelerare la fase di scoperta, riducendo la necessità di test sperimentali “alla cieca”: il ricercatore può chiedere al modello di generare sequenze con funzione desiderata (es. antibatterico, regolatore, enzima) e poi testarle in laboratorio.

 

3. L’impatto su E. coli e prospettive terapeutiche

Combinando i due filoni (virus IA + modelli generativi genomici) si aprono scenari interessanti per contrastare E. coli resistente. Prima di tutto si potrebbero progettare batteriofagi “su misura” generati dall’IA, con genomi ottimizzati per attaccare i ceppi specifici di coli e suggerire modifiche genomiche a batteri che ne aumentino la vulnerabilità o identifichi geni critici su cui intervenire.
Queste strategie dovrebbero essere combinate con antibiotici, adjuvant che aumentano la permeabilità della membrana e tradizionali approcci di phage therapy.

Ma restano sfide importanti, prima fra tutte la sicurezza: ogni modifica genetica o virus sintetico, infatti, deve naturalmente essere testato in condizioni rigorose per evitare effetti collaterali; bisogna tenere conto della validazione clinica, poiché molti risultati sono ancora in fase sperimentale;
il quadro normativo per tecnologie così potenti è ancora in evoluzione, al momento quindi la regolamentazione è affidata al buon senso, per evitare il rischio dual-use, usare cioè la stessa tecnologia che serve a curare può essere usata male.

 I progressi raggiunti sono sicuramente incoraggianti, ma non vanno interpretati come l’esistenza di una singola “cura” già pronta per l’uso clinico universale. Ci troviamo piuttosto in una fase di transizione: molte idee validate in laboratorio attendono studi clinici più ampi e percorsi regolatori che ne consentano l’adozione sicura e su larga scala.

​Fonti principali consultate (selezione)
• Stanford Medicine — “Generative AI develops potential new drugs for antibiotic-resistant infections”.
• Ottimizzazione dosing & delivery di terapia con batteriofagi (articolo PMC: studi murini su idrogel e somministrazione topica).
• Kim MK et al., “A blueprint for broadly effective bacteriophage–antibiotic cocktails” — Nature Communications (strategia di cocktail; esempi su Pseudomonas e S. aureus rilevanti per il concetto).
• Review su phage therapy e stato dell’arte clinico (JCI / recensioni 2024–2025).
• Stanford news e pagine tematiche su E. coli e linee di ricerca correlate (profilo gruppi, resoconti e sintesi 2023–2024).