La recente strategia normativa statunitense sull’intelligenza artificiale (AI) è al centro di un dibattito internazionale, con implicazioni rilevanti per la competitività tecnologica globale e per il quadro regolatorio europeo. L’amministrazione USA ha infatti adottato misure allo scopo di limitare l’autonomia normativa degli Stati federali, promuovendo un quadro federale unitario a sostituzione della molteplicità di regolamenti statali. Secondo diverse fonti, il Presidente Trump ha firmato un ordine esecutivo che mira ad impedire l’adozione di leggi AI individuali da parte degli Stati, ritenute un freno all’innovazione ed un ostacolo alla leadership tecnologica statunitense.

Questa iniziativa riflette una crescente pressione politica a favore di deregolamentazione, sostenuta anche dalle grandi aziende tecnologiche, con l’obiettivo di creare un unico standard federale per l’AI che riduca l’incertezza normativa legata a un mosaico di regole locali. Tuttavia, alcuni osservatori sottolineano che l’ordine esecutivo non crea un nuovo quadro normativo completo, ma si limita a scoraggiare o contrastare le leggi statali esistenti, sollevando questioni costituzionali sulla competenza dei singoli Stati nella regolazione tecnologica.

 

È una soluzione corretta oppure no?

Per comprendere meglio vediamo quali sono i vantaggi e gli svantaggi di un regolamento unico. Intanto l’annullamento di una normativa frammentata, una sola norma applicabile a tutto il territorio evita una miriade di leggi diverse tra Stato e Stato, riducendo i costi di compliance e rallentamenti nello sviluppo di prodotti scalabili. Per imprese, startup e sviluppatori, questo significa operare con maggiore linearità e prevedibilità. In mercati come quello dell’AI, la rapidità di sviluppo è, infatti, un fattore critico: se un paese o un’area economica riesce a stabilire un perimetro chiaro e stabile, le aziende possono investire e innovare più velocemente, il regolamento unico anche in questo caso potrebbe portare più benefici. Ultimo, ma non ultimo, il regolamento unico permetterebbe più certezza giuridica, evitando interpretazioni divergenti tra territori amministrativi diversi, elemento particolarmente importante nei settori ad alto rischio e tecnologia avanzata.

Ma come ogni cosa anche qui c’è l’altro lato della medaglia: le criticità. Prima di tutto bisognerebbe verificare se questo accentramento viene usato per annullare standard più severi già esistenti, se così fosse si potrebbe ottenere l’effetto opposto alla tutela: una riduzione complessiva delle garanzie per cittadini, consumatori e lavoratori. Ed è proprio questo il problema sollevato dal dibattito USA: sostituire le leggi statali più severe senza introdurre un equivalente quadro federale solido, ma limitandosi a vietare la gestione autonoma, che permetterebbe di gestire le dinamiche dell’AI (privacy, sorveglianza, uso pubblico, etica, impatti sociali), perché possono essere molto diverse da Stato a Stato o da regione a regione. Un regolamento unico, in uno scenario simile, può essere meno adatto a risolvere specifiche esigenze territoriali. Infine, se l’obiettivo è il compromesso tra forze politiche o pressioni industriali, si rischia di arrivare a norme troppo generiche, senza indicatori idonei di sicurezza, controlli non sempre efficaci e, di conseguenza, minore tutela per gli utenti.

 

Questa “deregolamentazione” interesserebbe solo gli Stati Uniti o potrebbe avere un impatto importante anche sull’Europa?

Naturalmente ciò che interessa un Paese trainante in ambito tecnologico, così grande, in una così larga scala, non può essere un evento fine a sé stesso. In Europa, infatti, le ripercussioni di un regolamento unico negli Stati Uniti sull’intelligenza artificiale avrebbe effetti significativi, soprattutto se dovesse risultare più leggero e orientato alla rapidità rispetto all’AI Act europeo. Una normativa federale americana semplificata offrirebbe alle imprese statunitensi un vantaggio competitivo in termini di costi e velocità di sviluppo, spingendo molte aziende globali a privilegiare il mercato USA per la ricerca e il testing. Questo potrebbe accentuare la dipendenza tecnologica dell’Europa da strumenti e modelli figli di un quadro regolatorio più permissivo e, allo stesso tempo, aumentare le frizioni normative tra prodotti sviluppati negli USA e la più rigorosa compliance richiesta in Europa. L’UE potrebbe trovarsi costretta a ricalibrare il proprio approccio, bilanciando l’esigenza di innovazione con la tutela dei diritti e la sicurezza, mentre sul piano geopolitico rischierebbe di perdere la propria capacità di influenzare gli standard globali. In sintesi, l’impatto sarebbe duplice: un potenziale svantaggio competitivo per l’Europa, ma anche un’opportunità per rafforzare la propria leadership in sistemi AI più affidabili, sicuri e orientati alla protezione degli utenti.