Vincenzo Suriani è un dottorando presso il Dipartimento di Ingegneria Informatica, Automatica e Gestionale “Antonio Ruberti” dell’Università “La Sapienza” di Roma, Software Development Leader del team SPQR che compete nella RoboCup, la competizione internazionale di robotica che sfida i team a sviluppare robot autonomi in grado di giocare a calcio, collaborare, muoversi, prendere decisioni e che Prisma supporta da diversi anni.
I suoi ambiti di ricerca all’interno del team comprendono la visione artificiale, cioè gli “occhi” dei robot, per riconoscere oggetti, movimenti e gesti, strategie di comportamento in squadra e sistemi di comunicazione in rete, finalizzati al rilevamento di cadute e posture negli umanoidi e riconoscimento dei movimenti dell’arbitro durante le partite.
Come sono evoluti gli studi tra la RoboCup 2024 e la RoboCup 2025?
Secondo Suriani, l’evoluzione tra le edizioni del 2024 e quelle del 2025 si è concentrata su diversi fronti:
• Computer vision migliorata: non solo riconoscimento della palla, ma anche capacità dei robot di comprendere i gesti dell’arbitro con maggiore precisione, riconoscere segnali visivi complessi in situazione di gara.
• Strategia e movimenti più precisi: i robot si muovono meglio, con traiettorie, bilanciamenti e decisioni più raffinati, con minori errori nella coordinazione.
• Gestione delle comunicazioni in rete: visto che il robot non è solo ma parte di una squadra, migliorare come si scambiano informazioni, come si coordinano, permette attività più fluide e sinergiche.
• Addestramento con meno dati grazie al self-supervised learning: uno degli ultimi sviluppi, premiato con il Best Paper, è un nuovo modo di “insegnare” ai robot a riconoscere oggetti (come la palla) senza bisogno di dataset giganteschi già etichettati. Questo rende l’addestramento più efficiente.
Applicazioni pratiche: dove la ricerca diventa utile oggi?
Suriani spiega che la RoboCup è per sua natura ricerca pura: tutto ciò che nasce lì è reso pubblico e può essere ripreso da chiunque, anche molti anni dopo. Non sempre diventa immediatamente un prodotto commerciale, ma i modelli e le idee spesso entrano in uso in contesti reali. Qualche esempio:
• Il sistema “barcavelox” a Venezia: un’applicazione che controllava il movimento delle barche sui canali usando modelli predittivi molto simili a quelli sviluppati per la ricerca sulla RoboCup (in particolare, quelli che cercano la palla in campo).
• Fall detection, ovvero la capacità di riconoscere quando un robot umanoide cade o rischia di cadere, usando reti neurali che analizzano la posa (pose estimation) e la dinamica. Questi metodi hanno analogie con quelli utilizzati in scenari medici o di monitoraggio in cui si devono riconoscere posture non sicure.
• Strategia adattiva e cooperazione: la ricerca su come un gruppo di robot possa modificare la propria strategia in risposta a segnali esterni, come comandi dell’arbitro, cambiamenti nel campo, o rumore, può essere usata anche in applicazioni come robot per logistica, robot di servizio o assistenza, dove devono reagire in ambienti non prevedibili.
Sono diventati app o applicativi?
“Non in massa, almeno non ancora nei termini di prodotti di largo consumo”. Suriani sottolinea che la RoboCup non è una startup: è un ambito accademico che produce algoritmi, modelli, hardware sperimentale, che poi possono venir utilizzati in prodotti futuri.
Tuttavia alcune idee sono già integrate in sperimentazioni locali (come il Barcavelox) e vari algoritmi sono usati come moduli in software open source o in prototipi. In ogni caso le pubblicazioni e i framework sviluppati dal team SPQR sono accessibili, anche se non sempre trasformati immediatamente in app commerciali.
Perché tutto questo conta per aziende come Prisma?
Per chi opera nel settore IT e dell’innovazione, sapere che esistono comunità di ricerca come SPQR vuol dire innanzitutto avere a disposizione un serbatoio di idee all’avanguardia, che possono anticipare i modelli che diventeranno standard, inoltre esiste la possibilità concreta di collaborazione per trasferire conoscenza, algoritmi e metodi nel mondo reale e permette di comprendere che l’efficienza non si misura solo da cosa fa un robot oggi, ma da come si addestra, come comunica, come percepisce – elementi che sono utili anche fuori dalle competizioni, ad esempio nei servizi, nei sistemi di sorveglianza, nell’analisi dati, nella diagnostica.